Femenews

Ladytoriale

Imprenditrici moderne nel cuore antico di tanti pezzi di Italia
La bellezza salverà il mondo e anche l'imbarbarito Bel Paese

Decidendo che non avremmo fatto, non facciamo e non faremo mai l’incubatore di brutte notizie, neppure come quando nel caso della violenza di genere – stupri compresi da Palermo a Caivano – queste riguardano le donne. Le ragazze. Pur essendo noi un giornale che ha la sua specificità nell’essere un tabloid al femminile. Ogni storia sulle colonne di FemeNews porta un carico di vita, di luce in fondo al tunnel in cui scorgere un futuro profi-cuo. Proprio perché siamo convinti che un mondo migliorato rispetto a ciò che è, possa non essere solo una frase ripetuta come auspicio con tono da impossibile. E questo spirito è stato ben espresso nelle colonne degli articoli di chi ha scritto in quest primo semestre. Una straordinaria galleria di coraggiosi, ambiziosi e interessanti spaccati di vita al femminile. Ma proprio in questo mese di pausa estiva, guardando la tivù che da due anni non vedo, avendo deciso di non averla neppure come elettrodomestico in casa a Roma, ma che invece nei giorni di permanenza in Sicilia da mia madre, ho guardato. E mi ha letteralmente stordito seguire, seppur sporadi-camente, qualche tiggì. Una miriade di brutte notizie. Un’overdose di fatti tragici. La cronaca nera nel suo punto di nero più profondo, in cui naufraga persino il tempo minimo necessario di metabolizzazione di un fatto aberrante, che in rapida successione e senza soluzione di discontinuità, ne arrivano altri. In una macabra classifica del peggio che rende difficile trovare lo spazio per la decompressione della barba- rie che porta, e che drammatica- mente, non ha un punto di ri- torno. S non la rea- zione соstruttiva che dal dolore non di rado nasce, non fosse altro per mitigare la sofferenza nel cercare strade che, almeno, siano capaci di dare giustizia. Per quanto sia democra-tica, quando la morte arriva “per futili motivi” o per un malinteso senso e valore che si ha della vita propria e altrui, è persino più inaccettabile. Che riguardi le donne, vittime di femminicidio a Roma, a Salemi e ovunque; i giovani, i vecchi o i migranti. Ed è molto più inaccettabile, quando a generarla è in qualche modo un sistema sociale e culturale indagato con su- perficialità, in cui tutti i protagonisti dei fatti nei loro ruoli, istituzioni e informazione in primis, hanno avuto la loro parte nella grande opera che è il vivere quoti-diano. Come sempre la differenza, la fanno le scelte e le sfide, nelle quali si è coinvolti o ci si lascia coinvolgere. Attori e attrici protagonisti sul fronte dell’amplif-cazione del bene o del male, per creare lo spartiacque tra torto e ragione, buonsenso e istinto, giustizia e violenza gratuita. La stessa violenza che continua a uccidere tante donne per mano di uomini con cui hanno condiviso pure bellezza, sentimenti, emozioni, progetti certamente, amore in una sola parola; o che sia la violenza cieca contro un ragazzo pieno di talenti e bontà – Giovanbattista Cutolo – ammazzato per difendere un amico da chi a 14 anni – poco più che bambino era già stato segnalato all’autorità giudiziaria minorile per tentato omicidio – e che ancora da minorenne ha estratto una pistola e come un criminale navigato ha posto fine alla vita di un promettente musicista classico che «Era la Napoli della bellezza», ripete la madre, Daniela Di Maggio, dal giorno dell’omicidio. Così come un punto di non ritorno continua a essere il dramma dell’immigrazione: in mare si muore e si muore più soli che sulla terra-ferma. Identità anonime con le loro vite e i loro sogni spezzati, smarriti, risucchiati nel buio degli abissi. Nell’oscurità della grande bara d’acqua che il mare Mediterraneo è. Il Mare Nostrum che non è per tutti. Insomma i protagonisti dei fatti e coloro che per mestiere debbono informare.

Allora ancora una volta il linguaggio dell’informazione non può derogare il suo essere giornalismo e quindi approfondimento, per farsi invece solo mero strumento di divulgazione seguendo il linguaggio e la velocità dei social, con fare pruriginoso. E talvolta anche volgarità. Ce lo spiega bene Mario Morcellini docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi a La Sapienza di Roma – tra i massimi esperti di linguaggio multimediale con incarichi in Agcom e Auditel – nell’intervista realizzata da Totò Rizzo in FemenArt «Il sistema informativo italiano è, tra quelli europei, il più an-slogeno, un ipertensione comunicativa che aumenta l’ipertensione sociale. Il racconto della cronaca si ferma al racconto stesso, ne aumenta i decibel, non si cura dei mutamenti culturali e sociali, non porta per mano alla riflessione. Noi italiani siamo bravissimi a stare sulla no-tizia. Non siamo altrettanto bravi nel passare dal fatto all’analisi». Ecco noi invece l’analisi la facciamo. La nostra unità di misura è il buono, il bello che nel nostro Paese e nel mondo cè. Credendo sinceramente che dare spazio a fatti positivi e co-struttivi, possa davvero far scaturire un cambiamento. E così anche questo mese, le pagine di Feme News testimoniano che sempre varrà lo stesso principio che il principe Miskin ripete ne “L’Idiota” di Dostoevskij: /…/La bellezza salverà il mondo/…). E le donne possono solo essere il motore di propulsione, assieme ad altrettanti uomini capaci di guardare oltre stereotipi e pregiudizi. L’apertura di questo numero di Settembre è dedicata alle tante donne che hanno deciso per scelta o per caso, di far rivivere una nuova vita a tanti borghi e piccoli paesi italiani, attraverso la creazione di imprese culturali ed economiche fortemente radicate nella storia e nelle tradizioni di quei luoghi. Con Donatella Messina in FemEconomik scopriamo una realtà che crea reddito e rigenera ter-ritori, eppure statisticamente sulla bilancia economica nazionale, non viene indiciz-zata. Insomma l’economia dei borghi grazie a idee e investimenti di impresa al femminile, come Debora Aru in Fem-Focus ci spiega, stando alle risposte degli enti istituzionali contattati non è un dato organico, ma solo scomposto e riferito alla voce turismo, in generale. E invece le storie di ognuna di loro sono un bel respiro di speranza che fare bene, e fare cose belle, è possibile. E crea anche lavoro. La stessa Giselle Treccarichi, autrice del dipinto di prima pagina, nel suo Cesarò – chi mi conosce sa essere anche il mio buen retivo sui monti Nebrodi – nonché uno di quegli oltre cinquemila comuni del Bel Paese dove ancora una volta, una donna, ha scelto di vivere della sua arte e di restare;contribuendo a creare iniziative e occasioni di confronto artistico-culturale, a partire dalla galleria espositiva, inaugurata da Giselle proprio lo scorso Agosto, e dove anche Feme News, è presente. 

Come sempre sfogliateci con gioia!

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